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Spettacolo

6 personaggi

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Tornano in scena i "6 Personaggi" con la compagnia Dupla Carga. La commedia, definita dallo stesso autore "commedia da fare", è incentrata sulla vicenda di sei personaggi, (il Padre,la Madre, la Figliastra, il Figlio, il Giovinetto, la Bambina), abbandonati dal loro autore, che si presentano in un teatro dove una compagnia di attori sta provando stancamente l'ennesima ripresa di un classico. "Ha inizio una sottilissimo conflitto per la conquista del palcoscenico", come spiega Andrea Monti, che ha curato la regia e l'adattamento dello spettacolo. Regista e attori accolgono con stupore i sei che pretendono di interrompere le prove, senza alcuna vergogna, proponendo di mettere in scena una nuova pièce, direttamente tratta dalle vicende della loro vita. "Un inarrivabile processo al personaggio, all'attore, all'uomo, al teatro, all'autore, a Dio". Una tensione narrativa costante, dove teatro e meta teatro si fondono e confondono, mostrando in maniera evidente la relatività del tutto e di tutti noi.

LO SPETTACOLO
Autore: Luigi Pirandello
Adattamento e regia: Andrea Monti
Compagnia/Produzione: Dupla Carga/Nuovo Teatro San Paolo
Cast: Max Brugnolo, Roberta Provenzani, Lisa Recchia, Simone Carchia, Gabriele Cirillo, Maria Aurora Tabacchi, Alessandra Veraldi, Francesco Nicolai, Daniele Flammini, Nicoletta Tulli, Mauro Corso, Giorgia Valeri, Matteo Nazzarri
In scena: sabato 13 Febbraio ore 20:30 e domenica 14 Febbraio ore 18:00 al Nuovo Teatro San Paolo di Roma.

Scheda spettacolo a cura di Eleonora Persichetti

 

La recensione 

I “Sei personaggi” portato in scena dalla compagnia Dupla Carga è un riuscitissimo adattamento di una delle opere pirandelliane più famose. Lo stesso sforzo e la stessa fatica che Pirandello provò nell’elaborazione e nelle rielaborazioni di questa “commedia da fare”, lo spettatore le percepisce e le fa sue sin dall’inizio, immedesimandosi nella difficoltà della genesi e della rappresentazione dell’opera. Così assistiamo ai riti delle prove, ai capricci della prima attrice, ai bisticci dei protagonisti e ai rimproveri del regista. Una delle prime sensazioni che si provano durante lo spettacolo è proprio quella dello smarrimento, perfino per chi conosce a menadito la storia.
 
Dall’alto della sala arrivano nel buio i sei personaggi, scendono i gradini e poi ad uno ad uno scopriamo il loro dramma. A guidarli è un uomo vestito di nero, il Padre di quella strana famiglia, con quattro figli nati da una sola donna, ma non dallo stesso uomo. E ci si cala in una storia di cronaca nera: la figlia grande che si prostituisce per mantenere la famiglia, la madre disperata, il figlio vagabondo, la bambina che annega nella fontana, il fratellino che si spara. E alla fine? Tutto rimane come era. Gli attori con le loro difficoltà, i personaggi che non hanno trovato il loro autore, ma hanno raccontato e rivissuto la loro storia, realizzando però che non è possibile rappresentarla a teatro, perché nessun attore sarebbe come loro, o meglio riuscirebbe ad esprimere quello che provano loro. E allora questo smarrimento non è un errore o una distrazione di chi si è cimentato nella rappresentazione, anzi, è un indice di bravura di chi ha afferrato in pieno i temi cari alla letteratura pirandelliana. Così come durante la prima messa in scena del 1921, lo spettatore di questo riadattamento avverte una sorta di straniamento, di distacco, quasi non riuscisse ad afferrare subito il dramma e i sentimenti degli attori e questo per le continue divagazioni metanarrative, per quell’idea, all’epoca originale, ma spiazzante, del teatro nel teatro. Qual è la realtà? Dove finisce la finzione? Persino il personaggio del “Padre” nelle battute finali recita al regista: “Quella che per voi è solo un’illusione da rappresentare per noi è la cruda realtà”.
 
Lo spettatore moderno, come quello del secolo scorso, si dimena tra illusione e realtà, segue attentamente il filo delle vicende, ma inevitabilmente, nell’apparente casualità del tutto, va alla ricerca di un “copione” che non troverà mai, perché la commedia “s’ha da fare” sul palcoscenico stesso. Gli attori della compagnia diventano essi stessi spettatori, cercando di riprendersi, di tanto in tanto, lo spazio scenico. I 6 personaggi diventano attori. Un mix perpetuo che tiene viva l’attenzione, così come le coreografie e le danze che alleggeriscono la narrazione. E nel “gioco delle parti” si avverte l’umorismo pirandelliano e anche nell’ironia che ci vede tutti ad assistere ad uno spettacolo nel “suo farsi”. La scenografia è molto semplice, quasi essenziale, il ritmo incalzante e a volte difficile da seguire per alcuni, ma l’irruenza dei sei personaggi sul palcoscenico e la veemenza del loro dramma catturano anche il più pigro degli spettatori. La Figlia domina per gran parte il palcoscenico e fa da filo conduttore tra i personaggi e gli attori, tra la realtà e la finzione. E il dramma si chiude in musica.

 Eleonora Persichetti