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Gio28032024

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Diritti e Doveri

Vietato l'ingresso al cane nero

cartello-6

 E’ bastato questo cartello esposto dentro un condominio di Nocera Inferiore, in provincia di Salerno, pochi giorni fa, a fare infuriare gli “animalisti” di tutta Italia e a riproporre una questione di ordine culturale: sugli animali non umani (questa è una espressione evoluta che i non addetti ai lavori non conoscono ma che parte dall’idea di “animalità” come elemento comune tra umani e non umani) vengono rovesciati troppi desideri latenti e troppe immotivate paure.

Accantonato l’aspetto legislativo della faccenda, il quale regala agli 
“animalisti” tutte le ragioni del caso, si evidenziano infatti, in questa circostanza,varie questioni di fondo che si intersecano: innanzitutto un pregiudizio di carattere sanitario facilmente smontabile data la natura “basica” del contenuto del cartello e poi un tono che somiglia ai più noti episodi nella storia dell’uomo come il “vietato l’accesso ai negri e ai cani”, oppure l’altro di matrice razzista-territoriale, comparso nel Nord-Italia nel periodo post- bellico, il “non si affitta a meridionali”.

Sì, perché il processo che porta a 
vietare un“ingresso”per ragioni varie, nasce dentro una collettività che desidera barriere per paura. E qui è bene fare addirittura un passo in avanti, in difesa del cane che diventa simbolicamente l’elemento su cui poggia la vicenda. Ci sembra infatti che nella scala gerarchica dei divieti, visto che cerchiamo di vietare tutto, dall’ingresso dei migranti, al fumo delle sigarette, motivando queste scelte con adeguate argomentazioni che generano un’accettazione più o meno diffusa “perché ci rubano il lavoro”, allarme su cui dovremmo ragionare a parte, oppure perché “fanno male alla salute”, monito più condivisibile, il no al quadrupede in un palazzo sembra più il tentativo di esercizio di un dominio che deve manifestarsi per dimostrare che su qualcosa o qualcuno dobbiamo pure avere la meglio, piuttosto che una scelta di ragionevolezza.

Per giunta, la storia, 
accaduta nel Sud Italia, ha riaperto una ferita dentro il movimento animalista costretto ad ammettere come la “questione animale” risenta ancora di differenze “geografiche”, anche se poi sul campo la dimensione qualitativa degli attivisti che si adoperano per superare certe arretratezze è di tutto rispetto se non addirittura superiore rispetto ad altre aree del paese che sembrerebbero “più avanti”.

Insomma, la miccia è accesa, ora, mentre scriviamo, gli animalisti valutano l’opportunità di azioni legali, affinchè il gesto resti un episodio isolato e il tutto si concluda con un bell’avanzamento in termini di progresso.

Marco Piervenanzi