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Roma e provincia

Perdere un genitore in tempo di Covid-19, il dolore di un mancato abbraccio

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"Ho visto mia madre nell'ultima videochiamata mentre piangeva dalla emozione guardandoci, era diventata una bambina tanto da farsi coccolare dalle infermiere. Sono stata trascinata all'interno di una immensa tenerezza mista a profondo rammarico. La sua forza, la sua autorevolezza apparenti erano sfuggite ormai al suo comando".

Osservando il volto di mia madre da bimba, nel giorno della sua comunione, in una foto scattata nel 1945, nel quartiere in cui crebbe, quello romano di San Lorenzo, la contemplo, la scruto, e sconfino nello sconosciuto. Il quartiere romano di San Lorenzo fu, come noto, coinvolto da uno degli eventi più drammatici della storia, ovvero il bombardamento del 43.
Spesso mia madre, mentre eravamo costrette alla distanza fisica imposta dal Covid, mi diceva che tutto quanto stesse accadendo per lei era peggio della guerra, della quale aveva raccontato nel tempo, alcuni episodi. Racconti veloci e spesso tramutati attraverso aspetti ironici, dei momenti vissuti quando si rifugiava e poi si raccoglieva per festeggiarne la fine della paura, mangiando insieme alla sua numerosa famiglia.
Racconti svuotati da ogni emozione, da ogni possibile paura, racconti mancanti di verità interiori.


Guardando il suo dolce viso, mi sono chiesta se nel tempo avessi intercettato in lei, andando a fondo, la sua bambina interiore, se l 'avessi potuta conoscere meglio, forse avrei potuto amare meglio mia madre. Quella bambina che è stata affrettata a dover crescere, un crescere che non ha il significato autentico. Quel crescere che brucia le sacre tappe, che insabbia le emozioni, che rimuove le ferite o le sane esigenze. E così che si congelano le parti del cuore tanto da indurirlo, tanto da mostrarsi al prossimo forte o freddo nelle occasioni più critiche. Il susseguirsi delle vicende personali e familiari diventano così lo spazio del dimenticatoio e del giudizio sulle mancanze, lo spazio della celere soluzione e del rimedio. Le ostilità prendono il posto dell'amore e della comprensione.


Ci si protegge indossando maschere fino a scambiarle col proprio essere. Per questo credo che non debba mai essere sottovalutata quella parte del bambino in noi o delle persone a noi care. Tentare di intercettarne le ferite, di esplorarle, di estrarle come l'oro. Per conoscere davvero il cuore di un essere umano è necessario fermarsi. Non temere il tempo. Pur negli umani ed inevitabili conflitti tra genitori e figli, che in un certo senso si può dire banalmente che crescano insieme, sarebbe bello si potesse dare alla parola "crescita", una pausa, come si danno obbligatoriamente alla musica.

Le sacre pause capaci di rispettare i possibili misteri interiori, o le inconsapevoli incognite, per intuire l'essere umano come una miniera inesplorata piuttosto che una superficie di apparenze.
Dedico a mia mamma, per poterle restituire almeno una pausa che non sono stata capace a donarle, né lei a se stessa, il bellissimo brano di De Gregori sul suo quartiere di San Lorenzo.
Che il suo viaggio intrapreso la riconduca verso quella bellissima bambina che è stata, per riabbracciarsi con tutto l'amore che merita e che si sarebbe meglio meritata.
Che quella bambina "un giorno rinascerà".

Silvia Santilli

In foto Maria Grazioli, (27-08-1936/2-1-2021) durante il giorno della sua prima comunione, si è spenta presso la Residenza Assistenziale Mater Dei di Ariccia, cui era ospite, il 2 gennaio 2021, ricevendo tutto l'affetto dal personale sanitario per il quale lei stessa è stata molto grata.